In uno scenario negli ultimi anni profondamente mutato a causa della crisi economica e ambientale, Bologna ha ridisegnato i propri obiettivi di trasformazione urbana: un aumento della vivibilità e della qualità degli spazi urbani e un’attenzione particolare alla sostenibilità ambientale, senza produrre nuovo consumo di suolo vergine. La traduzione di questi obiettivi in azioni ha determinato un significativo investimento di attenzione e risorse nella rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, sia in termini energetici che di sicurezza strutturale, nel recupero di luoghi dismessi e in interventi urbanistici più piccoli, rapidi e occasionali in grado di valorizzare il capitale fisso della città.
Un enorme potenziale di trasformazione urbana è oggi rappresentato dal ripensamento di aree ex industriali o militari che prenderanno nuove forme per nuovi usi (es. Staveco, Tecnopolo): un insieme di interventi molto complesso che richiede nuovi strumenti finanziari, nuovi modi di attivare risorse e competenze e una ridefinizione del sistema di rappresentanza per il governo del territorio.
Un orientamento strategico verso la rigenerazione urbana non può infatti che basarsi su strumenti di pianificazione diversi rispetto a quelli del passato: piani e programmi in grado, da un lato, di restituire la complessità della cornice strategica e, dall’altro, di agevolare azioni concrete e percepibili. In quest’ottica sono nati, ad esempio, il POC qualificazione diffusa, il POC rigenerazione patrimoni pubblici il Paes per l’energia sostenibile e BlueAp per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Questo cambio di prospettiva, basato sulla capacità di attivare e gestire collaborazioni pubblico-private in un’ottica metropolitana, ha permesso alla città di accompagnare le trasformazioni del territorio facendo fronte alle difficoltà economiche degli ultimi anni: investire su una “nuova città dentro la città” significa dare vita o potenziare economie “condivise” (es. spazi collaborativi, flessibilità e temporaneità degli usi), “verdi” (es. tecniche di disinquinamento, produzioni di energia da fonti rinnovabili, reinfrastrutturazione urbana), “agroalimentari” (es. produzione agricola, tutela del paesaggio, valore didattico e commerciale della cultura agroalimentare) e “culturali” (valorizzazione dell’immagine storica, commercio, ristorazione e turismo, abitabilità e accessibilità pedonale, mobilità dolce, promozione dell’identità locale e della riconoscibilità).

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