Regione Toscana e IRPET | Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana

LUGLIO 2015

a cura di Chiara Agnoletti, Sabrina Iommi e Patrizia Lattarulo

 

Il territorio toscano è nella sua interezza un territorio “urbano”, se a quest’aggettivo si attribuisce il significato di quell’urbanitas riferita dai retori latini alla qualità stilistica della lingua, passata poi universalmente a designare la civiltà, il buon gusto privo di eccessi contrapposto all’ignoranza e alle sue sgrammaticature in senso proprio e lato, che ben si presta a descrivere il territorio e il paesaggio che a lungo ha caratterizzato e tuttora persiste nei luoghi anche più remoti di questa regione.
A fronte della retorica che negli ultimi decenni ha descritto le grandi agglomerazioni urbane, le megacities di decine di milioni d’abitanti come i luoghi privilegiati della crescita economica, imponendole quali riferimenti cui necessariamente tendere per poter intercettare occasioni di sviluppo, la riscoperta dei potenziali anche economici che caratterizzano le strutture regionali configurate invece in reti di città medie e persino piccole ma integrate, dotate di un capitale territoriale qualificato e diversificato, assume per la Toscana e il suo futuro un ruolo decisivo.
È infatti evidente che per un territorio come quello toscano inseguire un modello di concentrazione della popolazione e delle funzioni in un’unica area centrale comporterebbe una pallida imitazione, per ragioni sia demografiche che socioeconomiche, delle reali megacities, a fronte dell’elevato rischio di perdere la sua diffusa ed elevata urbanitas, valore che nella competizione globale appare ben più raro delle grandi concentrazioni territoriali di persone e funzioni.
È quindi piuttosto l’innovazione fondata sugli aspetti di valore del proprio modello territoriale specifico che può consentire, se efficacemente perseguita, di cogliere e forse ancor più di creare nuove opportunità di lavoro e benessere per chi vive in Toscana.
Qualcuno potrebbe argomentare che il policentrismo toscano, e i suoi sistemi economici locali, sono già stati oggetto di una stagione (passata) della programmazione che ne ha anche esperito i limiti intrinseci, puntando poi per contrappasso ad una fase di politiche neocentralistiche. Che c’è oggi di nuovo, rispetto a questi recenti passati, a farci riscoprire le potenzialità insite nella valorizzazione della struttura territoriale specifica degli insediamenti “urbani” toscani?