25/04/2017
“Arte e urbanistica si uniscono in un connubio destinato alla riqualificazione della trasformazione urbana della città esistente”: è un passaggio della presentazione del progetto del Museo all’Aperto (MAP) del Comune di Faenza. Un sicuro esempio di originalità e innovazione tra quelli che compongono la gallery di www.urbanpromo.it

Diversi sono i tratti che, intrecciandosi, “fanno” la novità del MAP. Se ne individua uno sin dalla denominazione: pur chiamandosi “Museo” il MAP di Faenza rifugge dalle caratteristiche proprie di un polo di esposizione, che è solitamente collocato in un luogo preciso, limitato, riconoscibile. Al contrario il MAP è diffuso, perché costituito da più di 70 opere d’arte (il numero è continuamente in progress pur essendo il progetto da considerarsi completato nel dicembre 2015) collocate nella città secondo un preciso progetto urbanistico, già introdotto nel Piano strutturale faentino approvato nel 2010.

Il MAP si pone l’obiettivo principale di valorizzare e caratterizzare il paesaggio urbano della città grazie all’installazione mirata, in luoghi strategici, di opere d’arte contemporanea, che escono dai musei e si integrano con la città, sia essa quella delle zone di pregio del centro storico o quella delle periferie degradate, che attraverso le installazioni acquistano nuovo valore. Il primo obiettivo del MAP è l’abbellimento e il recupero del paesaggio della città. Il secondo è sviluppare nella cittadinanza l’abitudine al “bello”, elevando il livello qualitativo del vivere la città.

In definitiva si può affermare che il progetto del Museo all’Aperto di Faenza ha contribuito a rafforzare non solo la sensibilità pubblica verso i valori del paesaggio urbano ma ha fortemente creduto fin dall’inizio che tale sensibilità potesse essere trasmessa ai soggetti privati coinvolgendoli anche grazie agli incentivi urbanistici inseriti negli strumenti di pianificazione nell’implementazione del MAP. L’integrazione tra arte e urbanistica raggiunge quindi una vera e propria formalizzazione, perché l’installazione delle opere viene valutata alla stregua di un nuovo standard, nella convinzione che gli spazi pubblici debbano essere valutati non solo in relazione  alla loro quantità ma in anche in relazione alla loro qualità e agli effetti che producono nella cittadinanza.