Valeria Lingua, Università degli Studi di Firenze, Iole Piscolla, Associazione Nazionale Città del Vino
La pandemia in corso ha messo in luce il ruolo che giocano la campagna e le aree agricole nel sistema complessivo del benessere della città e dei cittadini, ma ha anche attivato immaginari di vita in campagna nuovi e proiettati verso un ambiente lontano dal caos della città e dal pericolo di contagio. Immaginari che si scontrano con la realtà delle campagne moderne e di chi le vive giornalmente, le abita, svolge la propria attività imprenditoriale. Gli agricoltori di oggi sono imprenditori spesso laureati, comunque informati, che non necessariamente risiedono nel luogo di produzione, inseriti in reti globali e, al tempo stesso, fortemente ancorati all’identità locale. Consapevoli che il suolo, il paesaggio e il territorio che utilizzano e modificano concorrono al marketing di prodotto ma, al tempo stesso, richiedono rinnovate attenzioni nell’ottica della sostenibilità e della transizione ecologica. Anche il lavoro è cambiato e all’attività agricola si affianca spesso quella ricettiva, che determina forti cambiamenti nel ruolo delle donne nelle aziende agricole, nel marketing, nella concezione della fruizione turistica improntata a esperienze slow, bio e a chilometro zero.
A questo panorama composito si sommano oggi i nuovi abitanti, lavoratori smart e fruitori della campagna post-pandemici, che cercano luoghi sicuri dal virus ma infrastrutturati con reti immateriali e servizi di rango urbano. Con differenziazione quindi fra chi vive e lavora nei distretti rurali limitrofi ad importanti aree urbane e chi invece non può usufruire di tale vicinanza. Il convegno esplora questi modi differenziati di “vivere la campagna”, presentando sfaccettature e popolazioni che la fruiscono e percepiscono con modalità, tempi e interazioni complesse. Il “rinascimento” post-pandemico della vita in campagna pone sicuramente una importante sfida per la pianificazione delle città del vino e implica che gli indirizzi e le linee guida per i comprensori vitivinicoli di qualità si facciano carico del governo di questo fenomeno.
PROGRAMMA
Saluti d’apertura:
Floriano Zambon, Presidente Associazione Nazionale Città del Vino
Stefano Stanghellini, Presidente Onorario INU
Introduzione:
“Temi e prospettive per la valorizzazione integrata dei comprensori vitivinicoli di qualità nella fase post-pandemica”
Valeria Lingua, Prof. Associato Dipartimento di Architettura a Università degli Studi di Firenze, Laboratorio Regional Design
Relazioni:
“Come conciliare l’abitare di qualità con la viticoltura di pregio. L’esperienza del Comune di Tollo”
Angelo Radica, Sindaco del Comune di Tollo
“Alto Adige. Qualità di vita e impresa in chiave postpandemica”
Roberta Agosti, Direttrice Azienda di Soggiorno e Turismo della Provincia di Bolzano
“l ruolo delle donne del vino, nuove imprenditrici in una campagna rinnovata”
Donatella Colombini Cinelli, Presidente Associazione Nazionale “Le Donne del Vino”
“Viticoltura eroica nell’Arco Alpino”
Stefano Celi, Presidente CERVIM Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura montana
“Lo sviluppo rurale della collina ed il paesaggio bioculturale. Casi esemplificativi in Piemonte”
Federica Larcher, Direttore Centro Studi per lo Sviluppo Rurale della Collina (CSC), Professore Dipartimento di Agricoltura Università degli Studi di Torino
“Il ruolo degli imprenditori vitivinicoli nell’economia del territorio”
Andrea Marrucci, Sindaco del Comune di San Gimignano
Irina Guicciardini Strozzi, Presidente del Consorzio del Vino Vernaccia di San Gimignano
“Il PUC di Carosino a cavallo tra zone di pregio vitivinicolo e politiche di finanziamento differenziate”
Francesco Rotondo, Professore di Urbanistica presso Dipartimento Ingegneria Civile, Edile e dell’Architettura Università Politecnica delle Marche
Alessandro Zito, Ing. Responsabile Ufficio Urbanistica del Comune di Carosino
Modera e conclude:
Paolo Corbini, Direttore Associazione Nazionale Città del Vino
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Le attività agricole estese ed intensive nell’ambito padano, in particolare, hanno da tempo assunto i caratteri dell’industrializzazione con un notevole danno al paesaggio rurale ed alle risorse biologiche naturali.
Di tale mutamento ne portano i segni i borghi ed i casolari agricoli storici deturpati dall’accostamento con grandi impianti produttivi ed allevamenti intensivi costituiti da vasti edifici in calcestruzzo armato prefabbricato tutti uguali, macilenti, opachi a qualsiasi sguardo verso l’orizzonte agricolo quasi sempre oscurato anche dalla forte presenza di estensioni infinite di granoturco da utilizzare non più per la filiera alimentare ma quale biomassa per la produzione di biogas usato solo in parte per l’attività agricola, poiché viene spesso usato per la produzione di biometano e ammoniaca e/o per la produzione di energia elettrica.
Tutto ciò con pesante utilizzo distruttivo di risorse biologiche e quindi di disponibilità di servizi ecosistemici.
Intendo semplicemente porre in evidenza che il rapporto dicotomico città-campagna è oggi ulteriormente appesantito dall’attività agricola industrializzata.
A tale punto ci si interroga sull’efficacia dell’attività culturale rivolta a salvaguardare i valori ambientali e paesaggistici, ad arrestare l’inurbamento e quindi l’impermeabilizzazione dei suoli, ad arrestare il consumo di suolo e ciò con scarsa attenzione a quanto avviene oggi sui territori agricoli dove aumenta giorno per giorno il consumo di biodiversità e la decurtazione di servizi ecosistemici.