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Rosalba D’Onofrio, Michele Talia, Università di Camerino


Nel corso degli ultimi decenni il dibattito urbanistico ha riservato al paradigma della densità urbana un’attenzione costante, ma i riferimenti che ha utilizzato sono stati spesso ambivalenti.
A partire da una ricerca della densità ottimale legata ai parametri proposti prima dalla cultura igienista e poi dal funzionalismo, si è passati a interpretare la compattezza degli insediamenti come una sorta di “antidoto” alla crisi ambientale e climatica generata dai processi di urbanizzazione. Nel contrapporsi al modello della città diffusa, la riflessione disciplinare ha favorito in questo modo la promozione di politiche europee per il contenimento del consumo di suolo e la densificazione, ma ha spesso condotto ad una accettazione acritica della densità come valore in sé.
Nel periodo che ha fatto seguito all’esplodere della pandemia, questa discussione ha mantenuto inalterata la sua centralità, ma i suoi contenuti hanno subìto un autentico ribaltamento. Laddove infatti la concentrazione urbana viene ormai percepita come un importante fattore di pericolosità, si corre il rischio di sottovalutare in questo modo gli importanti benefici che le città dense sono in grado di generare attraverso la declinazione delle economie di scala, il miglioramento dell’accessibilità e la riconfigurazione qualitativa e prestazionale delle dotazioni territoriali.
Oltre ad ospitare un confronto e un aggiornamento sulle nuove valenze assunte dalla densità urbana nella città post-covid, il seminario cercherà pertanto di individuare un punto di equilibrio tra queste tesi contrapposte, e al tempo stesso proverà a verificare come alcune recenti esperienze, come quella del Cantone Ticino sull’insediamento centripeto di qualità e del Piano Urbanistico Generale di Bologna che declina un nuovo concetto di abitabilità, nel quadro delle nuove priorità assunte dal contrasto al consumo di suolo, possono fornire utili indicazioni per migliorare la qualità urbana e reinterpretare la densità nel progetto urbanistico della città contemporanea.


PROGRAMMA

– Inizio dei lavori

Presentazione:

Michele Talia, Presidente INU, Università di Camerino

– Reinterpretare la densità e la prossimità nella città di domani

Presentazione:
Rosalba D’Onofrio, Università di Camerino

Lo sviluppo insediativo centripeto di qualità nel Programma d’azione comunale (PAC ) del Cantone Ticino
Luciana Mastrillo

L’abitabilità e l’attrattività della città nel Piano Urbanistico Generale (PUG) di Bologna
Francesco Evangelisti, Comune di Bologna

Nuove priorità nel contrasto al consumo di suolo
Andrea Arcidiacono, Politecnico di Milano

– Un confronto a più voci

Coordina gli interventi:
Michele Talia, Presidente INU, Università di Camerino

Discutono:
Patrizia Gabellini, Stefano Moroni, Gabriele Pasqui 

Curatori e relatori:
Rosalba D'onofrio Università di Camerino
Professore Associato in Urbanistica presso la Scuola di Architettura e Design “Eduardo Vittoria”, Università di Camerino. La sua attività di ricerca si concentra sul rapporto tra pianificazione e progettazione urbanistica, sostenibilità, salute e qualità della vita nelle aree urbane.
Michele Talia Presidente INU
Michele Talia è professore ordinario di Urbanistica presso la Scuola di Architettura e Design dell'Università degli Studi di Camerino. In qualità di consulente di pubbliche amministrazione ha coordinato i gruppi di progettazione del Piano Strutturale e del Regolamento Urbanistico del Comune di Siena e del Piano Strategico della Provincia di Teramo.
Luciana Mastrillo
Diploma in architettura al Politecnico di Losanna e post grado in pianificazione del territorio al Politecnico di Zurigo. Pianificatrice del territorio, dal 2010 attiva nella pianificazione direttrice cantonale dapprima all’Ufficio federale dello sviluppo territoriale e poi al Dipartimento del territorio del Cantone Ticino (Ufficio del Piano direttore), Svizzera.

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Contributi

2 commenti su “LA RICERCA DELLA GIUSTA DISTANZA NELLA CITTÀ CONTEMPORANEA

  1. articolo pubblicato in luglio su “Utopia21”

    PANDEMIA: PROSEGUE IL DIBATTITO
    TRA GLI URBANISTI, E DINTORNI
    di Aldo Vecchi

    Nei giorni in cui usciva il numero di maggio di UTOPIA21, con il mio articolo sul confronto interno agli urbanisti1, sono usciti due importanti documenti, da parte dell’INU e del CNAPPC (e poi un numero di Urbanistica Informazioni), esplicitamente riferiti alle problematiche aperte dalla Pandemia Coronavirus, che suggeriscono un aggiornamento della mia rassegna, da completare anche con la partecipazione di alcune archistar (di nuovo Stefano Boeri e Massimiliano Fuksas) agli “Stati Generali dell’Economia”, promossi a fine giugno dal Governo Conte.

    Sommario:
    – Il Manifesto del Consiglio Nazionale Architetti P.P.C.
    – Il testo dell’INU e l’avvio del confronto
    – Le “archistar” agli Stati Generali dell’Economia
    – Il numero 287-288 di Urbanistica Informazioni
    – qualche altra riflessione finale, ma sempre provvisoria

    IL MANIFESTO DEL CONSIGLIO NAZIONALE ARCHITETTI P.P.C.

    Inizio con il CNAPPC (Consiglio Nazionale degli Ordini degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori), che non è nuovo a dimostrare sensibilità civica ed ambientale (forse al di sopra della media degli ordini professionali che rappresenta e dei relativi iscritti , per lo più architetti di formazione tradizionale), e che ha avviato – per concluderla nel prossimo autunno – una ampia consultazione pubblica tra i professionisti aderenti, aperta con una “maratona notturna” in streaming tra il 23 ed il 24 maggio (di cui non si ha ancora un resoconto sintetico) e con la pubblicazione di un incisivo “Manifesto”, in 10 punti, che di seguito richiamo in breve, invitando alla lettura integrale del testo2, che è snello e leggibile (molto più che nella consuetudine un po’ “fuffologica” della categoria):
    – Adesione agli obiettivi mondiali dell’ONU per l’ambiente al 2030 (SDG) e dell’Unione Europe al 2050, per città compatte, vivibili e resilienti e nel rispetto degli habitat naturali;
    – Adeguamento di città e territori al cambio climatico;
    – Rigenerazione urbana attraverso progettazioni organiche;
    – Attenzione alle “aree interne”, contro l’abbandono e il degrado;
    – Riordino dell’intera filiera delle costruzioni, anche in termini culturali e formativi, verso una “edilizia circolare”;
    – Aggiornamento dei Piani urbani e territoriali, nell’ottica del “PNACC” (vedi nota B);
    – Semplificazione normativa per Urbanistica, Appalti ed Edilizia;
    – Diffusione dei concorsi per incarichi professionali, secondo lo schema in 2 fasi, di cui la seconda operativa;
    – Formazione multi-disciplinare (e “verde”) dei progettisti;
    – Rafforzamento della Pubblica Amministrazione per una più chiara ed efficiente gestione dei rapporti Pubblico/Privato.

    IL TESTO DELL’INU E L’AVVIO DEL CONFRONTO

    Anche l’Istituto Nazionale di Urbanistica ha lanciato una consultazione sul proprio sito (ed attraverso un Blog curato da Simone Ombuen), premettendo la pubblicazione di un Documento3, più sfaccettato di quello del CNAPPC, che assume come premessa l’ipotesi dei massicci investimenti pubblici, in discussione a livello europeo (e la cui necessità, a prescindere dalla Pandemia sopravvenuta non era a mio avviso ben inquadrata in precedenza – tranne eccezioni – preferendo l’INU concentrarsi sugli aspetti di metodo).
    Il testo dell’INU paventa un rilancio dell’economia attraverso fondi a pioggia che confermino il pre-vigente assetto consumista (e consumatore di suolo) ed auspica invece una piena partecipazione dell’Italia al Green Deal Europeo, ma attraverso una “regia pubblica integrata” che valorizzi la articolazione territoriale (aree metropolitane/città medie/aree interne) e tenga insieme i vari ambiti tematici della rigenerazione urbana e territoriale (reti ”verdi e blu” e reti infrastrutturali; suolo pubblico e dotazioni di servizi, urbani ed eco-sistemici; housing sociale ed eco-quartieri, diritti di cittadinanza e accessibilità; imprese innovative e green economy).
    Il documento indica come priorità la generalizzazione della rete in fibra ottica nel territorio nazionale e la formazione di un grande centro di calcolo nazionale e poi conferma il ‘catalogo delle buone pratiche’ in materia di ecologia (ciclo organico delle acque, esondazoni controllate, “invarianza idraulica” degli interventi edilizi e “de-sigillazione” dei suoli; aree verdi urbane e bio-diversità; adeguamento edilizio orientato alla sicurezza degli insediamenti ed al risparmio energetico, con la formazione di “distretti energetici urbani”) e di trasporti (mobilità dolce, trasporto pubblico su ferro, restauro della viabilità secondaria), con alcuni dettagli operativi, quali la “illuminazione pubblica a LED” e “l’allungamento delle banchine” per le fermate di tram e treni.
    Infine le indicazioni strumentali del documento INU, per conseguire i suddetti obiettivi, che includono la semplificazione normativa, la immissione di nuovi tecnici qualificati nella Pubblica Amministrazione e la formazione di apposite “Agenzie” locali per elaborare i piani strategici (soprattutto nelle aree di crisi).

    Sul sito dell’INU compaiono inoltre alcuni contributi al dibattito, tra cui:
    – un intervento di Giuseppe De Luca4 (docente a Firenze e già segretario generale dell’INU, ora responsabile di INU-Edizioni) che – oltre ad auspicare una revisione “carbon free” di tutti i livelli di pianificazione – propone di generalizzare una riorganizzazione della viabilità urbana (secondo un modello che chiamerei “Barcellona”) con la maggior parte dei percorsi a carreggiate ristrette (in favore di nuove alberature ecc.) e limitate a 30 Km/h max per tutte le utenze, senza bisogno quindi di dispendiose ciclabili (e immediati benefici per emissioni atmosferiche, acque e micro-clima) e di fluidificare verso servizi a chiamata il Trasporto Pubblico Locale di capillarità
    – un intervista5 al presidente Michele Talia da parte di Francesco Sbetti (direttore di Urbanistica Informazioni) in cui, oltre a presentare e puntualizzare il documento ufficiale dell’INU (e a rivendicare la “spazializzazione” degli interventi di ripresa economica – vedi nota C), si avanza come argomento da approfondire la domanda di “rarefazione” della città che in qualche modo emerge dalla Pandemia e dal conseguente rifiuto e timore degli “assembramenti” (in contrapposizione alla confermata necessità di contenere il “consumo di suolo”).

    LE “ARCHISTAR” AGLI STATI GENERALI DELL’ECONOMIA

    Tale argomento cruciale (città compatta/città diffusa) era stato sfiorato – come riferivo nel mio articolo di maggio – anche dalle “archistar” Stefano Boeri (gemellaggio metropoli/borghi smart; uso rarefatto della città, con più bici e meno auto; modifica dei grattacieli, a partire da atri-scale-ascensori) e Massimiliano Fuksas (con una équipe interdisciplinare: nuove case popolari con nuovi standard abitativi, cellule “resilienti” e spazi per il lavoro a distanza; presidi sanitari diffusi e adeguamento dell’impiantistica).

    Proprio questi due esponenti della cultura architettonica sono stati invitati dal Governo agli Stati Generali, nella giornata dedicata alla Cultura e alla Società Civile; mentre dal web non risulta quanto Fuksas abbia integrato il suo contributo rispetto alle posizioni già rese note, Stefano Boeri (anche in qualità di Presidente della Triennale) ha ulteriormente specificato le sue proposte, con articolazioni concrete, anche su ulteriori aspetti quali le modalità della forestazione urbana (al suolo e sugli edifici), l’apertura delle scuole alla comunità circostante (vedi esempi a Torino), la facilitazione degli spettacoli dal vivo6.

    IL NUMERO 287-288 DI URBANISTICA INFORMAZIONI

    Sia la questione densità/rarefazione, che l’insieme delle problematiche urbane e territoriali (ma anche sociologiche e architettoniche, sanitarie e trasportistiche), vengono affrontate con sistematicità in gran parte del numero di Urbanistica Informazioni uscito all’inizio di luglio7, con interventi preliminari ancora di Sbetti e Talia (vedi sopra) e di Marco Bussone (sulle difficoltà e opportunità del reinsediamento nell’Italia “interna” dei borghi appenninici ed alpini), seguiti da una rassegna curata da Gabriele Pasqui, che
    – premette alcune sagge considerazioni: tra catastrofisti e sostenitori del pieno ritorno al “come eravamo” è presto per fare previsioni, anche considerando i tempi lunghi delle trasformazioni fisiche degli insediamenti; non è presto invece per operare comunque in favore della correzione delle precedenti storture, cercando di indirizzare al meglio gli interventi di riorganizzazione degli spazi e dei tempi e gli investimenti auspicati, lungo “…tre grandi temi …: riconversione ecologica e resilienza; manutenzione dei territori fragili; ri-territorializzazione del welfare.”
    – introduce ai contributi specialistici e di approfondimento degli altri Autori, tra cui il sociologo Lorenzo Migliorati (la Pandemia come accentuazione della “società del rischio” già individuata da Bauman, BecK & C:; ma anche come occasione per ‘riguadagnare’ il “diritto allo spazio” ed il “diritto al tempo”), l’architetto Camillo Magni (“l’eredità più evidente che l’esperienza del Covid-19 regalerà alle nostre case è un nuovo modo di considerare il comfort e la privacy”), i trasportisti Paolo Beria e Andrea Debernardi (che confrontano i possibili scenari di mutamento della domanda e dell’offerta nei movimenti a breve ed a lungo raggio – ma anche delle tendenze insediative – partendo da una riflessione sugli effetti delle precedenti crisi ‘economiche’ sui flussi di traffico), ed altri colleghi urbanisti sulle variabili spaziali e temporali, ecologiche e salutistiche, nella risposta alla Pandemia.

    Molto interessante, a mio avviso, in una successiva sezione della rivista, l’articolo di Stefano Salata che – oltre a riportare le conclusioni di una ricerca di Becchetti e altri sulla correlazione tra contagiosità del Covid19 ed esposizione alle polveri sottili – presenta una sua ricerca in merito alle possibili correlazioni – su base provinciale, in Italia – tra la diffusione del Virus (considerando il numero di contagiati ogni 100.000 abitanti ) e diversi indicatori ambientali, quali le polveri sottili ed il consumo di suolo, riscontrando una sovrapposizione tra il 50% ed il 60% (ovvero circa metà delle provincie più colpite dalla pandemia sono anche tra quelle con peggiore qualità dell’aria e maggior consumo di suolo): il che non costituisce prova di causalità, ma indizio sufficiente per ulteriori approfondimenti.

    QUALCHE ALTRA RIFLESSIONE FINALE, MA SEMPRE PROVVISORIA

    In fondo al precedente articolo mi ero permesso di esprimere qualche mia valutazione sulle contradditorie tendenze sollecitate dalla Pandemia (sulla mobilità pubblica e privata; sulla fuga verso i “borghi”; sulle nuove tipologie residenziali): il dubbio sollevato dal Presidente dell’INU sulla “rarefazione urbana” mi suggerisce alcune ulteriori riflessioni analitiche (rafforzate dai contributi raccolti di Urbanistica Informazioni).

    In questa fase di contenimento del contagio (in Europa, mentre dilaga in altri continenti), di timore di nuove ondate virali e di attesa di un possibile vaccino, appare difficile definire precisi scenari; anche se nella pratica i rispettivi orizzonti sfumano e si intrecciano, a mio avviso occorre distinguere, almeno concettualmente, previsioni e proposizioni “tattiche”, relative a questa fase intermedia di permanenza della Pandemia, ed invece previsioni e proposizioni “strategiche”, riferite ad un probabile periodo dopo il vaccino, in cui però il Coronavirus avrà lasciato il segno, sia per i danni diretti ed indiretti (e per le nuove abitudini consolidate), sia per una (auspicabile) attenzione a prevenire altre diverse epidemie.

    Nella “fase intermedia” le necessità di “rarefazione” sono consistenti e abbastanza ben definite e consistono in un utilizzo meno denso di una serie di servizi, pubblici (trasporti, scuole, sanità, uffici, parchi, teatri, musei) e privati (negozi, bar, ristoranti e locali per spettacoli, agenzie varie), in parte “facilitato” dal lavoro a distanza negli altri settori economici e dal calo della stessa domanda, ed in parte da risolvere con un aumento dell’offerta di mezzi e di spazi, per lo più mediante strutture provvisorie (dalle tende del Pronto Soccorso alle tramezze od ai prefabbricati per nuove aule, dall’ampliamento dei dehors all’utilizzo di veicoli), oppure con il riutilizzo di spazi aperti e di fabbricati dismessi.
    Nel contempo mi pare che per le funzioni residenziali e produttive, e per gli spazi stradali, l’emergenza e la post-emergenza comportino soprattutto diverse modalità di regolazione nell’uso dei medesimi spazi (salvo la tragica condizione di chi un casa non ce l’ha, e se addirittura vive per strada, vede ancor più peggiorare la sua condizione): con il possibile manifestarsi di fenomeni di ri-localizzazione, sia residenziale che produttiva, soprattutto in relazione ai contraccolpi economici della Pandemia (imprese che non ripartono, che riducono l’attività, che chiudono più o meno definitivamente).

    Per l’auspicabile fase “post-vaccino”, invece, mentre il ritorno ad un pieno utilizzo degli spazi ante-Pandemia sarà probabilmente limitato sia dal risultato cumulativo della crisi economica innescata dal virus, sia dal consolidarsi parziale di alcuni assetti organizzativi, come il lavoro a distanza (e la didattica a distanza, almeno per le Università) – il che a sua volta potrà indurre effetti depressivi, ad esempio, sulle attività urbane di ristorazione e commercio – , non vedo francamente una connessione diretta tra il timore di nuove epidemie e la densità urbana, perché una seria politica di prevenzione penso che passi soprattutto dalla efficienza e flessibilità dei servizi sanitari e di quelli di protezione civile (confinamenti, approvvigionamenti, sostegno ai diversi bisogni), servizi che – anche nella recenti drammatiche esperienze – non mi pare abbiano funzionato peggio a Milano che non a Codogno (semmai il contrario).
    Se nel frattempo la città – più o meno compatta – riesce a divenire più salubre, con più verde e bio-diversità e meno auto e parcheggi, con più servizi efficienti ed appositi piani di mitigazione dei rischi atmosferici, con uffici ed abitazioni meno energivori, la miglior salute media dei cittadini potrà aiutare ad affrontare in forze anche l’eventuale affacciarsi di altre epidemie: meglio ancora se politiche inclusive eviteranno la formazione di ghetti urbani o sub-urbani e l’emarginazione di persone senza-tetto lungo i marciapiedi ed i porticati.

    aldovecchi@hotmail.it

    Fonti:
    1. Aldo Vecchi – DOVE STA(VA) ANDANDO IL DIBATTITO TRA GLI URBANISTI ITALIANI – su UTOPIA21, maggio 2020 LINK
    2. C.N.A.P.P.C. – http://www.awn.it/news/comunicati-stampa/7144-architetti-il-congresso-nazionale-approva-un-manifesto-si-adotti-un-programma-nazionale-di-rigenerazione-urbane-alternativa-a-espansioni-incontrollate-e-al-consumo-di-suolo
    3. I.N.U. – http://www.inu.it/leggi/11432/post-covid-le-proposte-dell-inu-per-il-rilancio-del-paese.html
    4. I.N.U. – L’EMERGENZA PER RIPENSARE L’URBANISTICA. LE PROPOSTE DEL PRESIDENTE DI INU EDIZIONI – http://www.inu.it/leggi/11572/chi-siamo.html
    5. I.N.U. – a cura di Francesco Sbetti – COME SARÀ LA CITTÀ DOPO IL COVID-19? VIDEOINTERVISTA A MICHELE TALIA – http://www.inu.it/leggi/11590/documenti.html
    6. https://www.teknoring.com/news/riqualificazione-urbana/stati-generali-delleconomia-5-proposte-boeri/
    7. Urbanistica Informazioni n° 287-288 “settembre-dicembre 2019 – diffusa nel luglio 2020

  2. ringraziamenti ad Aldo Vecchi per il suo ampio contributo al tema, ivi incluso il riferimento al Manifesto degli Architetti ed alla sua adesione agli Obiettivi ONU per lo Sviluppo Sostenibile, che verrano ripresi dalla Biennale 2021 dello Spazio Pubblico con particolare riferimento all’obiettivo 11.7: “Entro il 2030, fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili”.
    Una parola sul tema della densificazione . E’ stato detto giustamente (Talia) che questa non può essere casuale o fine a se’ stessa. Se ciò’ fosse,infatti, le densissime città’ cinesi sarebbero un folgorante esempio di questo orientamento progettuale. Piuttosto sarebbe utile intensificare le ricerche sui meriti della “sosteniblita’ inconsapevole” realizzata nei processi di espansione urbana europea di circa un secolo fa, quando l’uso generalizzato del trasporto pubblico e l’assenza di tecnologie di gigantismo architettonico diedero vita a modelli edilizi a scala umana retti da un chiaro e fitto impianto stradale e impostati sul concetto di prossimità.

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